Sono una tigre in una gabbia, 
ho la testa bassa, 
le zampe pesanti, 
e un inferno nel cuore.
Un oceano di sangue ribolle 
dall'antro tumultuoso della mia vita 
e scivola gorgogliante nell'arteria mia
tale all'Acheronte 
tra le sponde velenose dell'Averno;
di lì scorre ferace ai più stretti condotti 
delle mie viscere oscure.
Vorace rubò al cielo il suo veleno,
quel che fu l'orgoglio suo,
e che ora morde la mia carne, 
intorpidisce la mia mente,
irrora e infiamma gli occhi miei.
Io li vedo, i figli dell'uomo,
le sanguisughe della vita,
i parassiti di madre terra generosa,
gli stolti che stolti calpestano il mio mondo.
Ogni tanto mi sfiorano, per lo più di giorno,
loro vedono col sole;
e qualcuno ha visto la tigre,
qualcun altro ha visto la gabbia…
È proprio vero che chi è più vivo 
è meno adatto alla
vita.
1995-2000