venerdì 12 gennaio 2018

gusci vuoti

Successe un giorno un fatto invero molto strano,
e fu come se miliardi di lumache si prendessero per mano...


Il fatto in sintesi fu questo: quelle piccole lumache s'accorsero un bel giorno d'avere il dono di sentir ciascuna in un sol tempo quel che diceva ogni altra amica, proprio ogni cosa essa volesse dire, o che di dire gli passasse in mente, purché la dicesse in un modo pertinente.
Non era la prima volta che una lumaca ponesse l'orecchio sul labbro d'una chiocciolina vuota con l'intento di ascoltare il mare, ma fu si la prima che nel mentre, proprio nel mentre lo facesse, un'altra lumachina accostasse alla bocca l'apice arrotolato d'un'altra vuota chiocciolina, e si provasse di parlare.
Fecero in fretta le due amiche ad apprendere il segreto, benché la fretta non sia certo cosa che si addica alle lumache, e la notizia altrettanto in fretta poi si sparse e fece il giro, in quel che parve men che un sol minuto, di tutto intero il mondo scivolante conosciuto.
Questa strana, nuova ed eccitante condizione diventò presto un'incontenibile attrazione, e prese tanto in cerchio le lumache da sottrarre ai loro giorni quasi quasi tutte l'ore, tanto da ghermire lor financo il cuore.
Così contente ch'eran di sentirsi tutte unite, tutte prese da quel gran da fare che incessantemente le impegnava da quando e dove nasce a quando e dove muore il sole, non s'accorgevan nel frattempo, d'esser rimaste tristi e sole.
S'arrivò persino a dire che i gusci vuoti ormai non potevan più bastare, e che per quanto generoso fosse, non bastasse a procurarli neanche il mare.
Per pudore o per decenza poi, non fu mica tutto detto, ma è sognando gusci vuoti che nacque il regno del sospetto.
All'inizio fu un bel gioco, anche divertente e misterioso, ma presto, molto presto, diventò un'occupazione, e altrettanto presto quello che era ancora un bell'intreccio di parole fu nient'altro che noioso e confusissimo rumore.
Si capisce bene qui il motivo, poiché miliardi di lumache tutte insieme, per quanto si alternasser nel parlare, eran davvero tante; era come mettere in un sol bicchiere l'onde tutte quante, di tutti quanti i mari, dal più mite al più incostante, dal più vicino al più distante.
A volerci usar dell'attenzione, nell'ascoltare quel rumore ben s'udiva, con un ritmo persistente, l'alternarsi di momenti di silenzio, o meglio di rumore più attenuato, lunghi il tempo sufficiente perché ci si accorgesse che ci sono, a momenti un po' più lunghi di rumore, lunghi giusto il tempo di impostare una parola e non finirla per il fastidio procurato, perlappunto, dal rumore.
Si comprendeva quindi bene il motivo del silenzio, ch'era effetto del fastidio generato dal rumore, e parimenti s'azzeccava la ragione del rumore, ch'era l'ansia di voler comunicare incoraggiata da quel piccolo momento di impagabile silenzio.
Fra le tante e tantissime lumachine con due gusci vuoti in mano che si ostinavano a tentare di parlare per poi presto e inesorabilmente ritrattare, ce n'era una che piuttosto s'attrezzava, in buon silenzio, nell'arte inusa di pensare.
Si chiedeva, piccolina, come davvero poter fare a risolver l'intricata situazione.
Pensava e ripensava, e più pensava più le pareva che il problema non avesse soluzione.
Come questa piccola lumaca, così voglio anch'io far, per cui, se per un po' non sentirete di parlare, poiché smetterò di raccontare, sappiate che io son sempre qui, non sono andato a far baldoria, ma son tutto intero e preso in questa strana storia.

...Silenzio...

Bene, disse allor la lumachina, con un poco di emozione... ho trovato finalmente l'agognata soluzione.
Non so se poi davvero questa possa funzionare, ma non riesco proprio ad altro modo immaginare.
In quel frammento di silenzio, disse a se stessa e al mondo intero, deve nascere qualcosa che poi possa lievitare, dilatando quel silenzio e piano piano poi sbocciare.
Senza altro più spiegare la lumaca accostò il vortice d'un guscio alla sua bocca e iniziò presto a... cantare.
Era una dolce melodia, forse solo un ritmo in principio, rapido e che nel breve spazio del frammento di silenzio s'apprezzasse un poco rallentare.
Cantò con coraggio e con fiducia, come una piccola barchetta che s'orienta dritta a casa e non si cura dei perigli, sol la sua strada avendo a cuore, e solo il cuor curando in testa, nel fragor che non si fiacca della terribile tempesta.
Con gli occhietti chiusi e il collo ritto al cielo, come una sfinge che s'arrizza dal giaciglio millenario e svela al mondo il suo mistero, così stava, o come un faro su uno scoglio che dona luce a un ipotetico naviglio e mai s'arresta, fin quando l'onda cade e più non s'alza, e paga del suo armor discorre mesta.
Ma accostando oror' l'orecchio al guscio aperto, quell'abisso sempre uguale le parlava, con quel fragor che mai e per nulla s'acquietava, e lei sempre più stanca, fra le note del suo canto ciondolando s'arrancava.
Era triste un poco, e nondimeno affranta, eppur cantava.
Quando fu per aprir gli occhi stanchi, con le note che scemavan disperdendosi in frammenti, onda dolce come il bacio d'un amante che abbracciando avvolge, da ogni parte giunse un eco rincuorante.
Mille chiocciole allor s'avvide che le stavan tutte accanto, l'ammiravan forse già da tempo e s'inebriavan nell'incanto, e quando appreser che svaniva, tutte insieme lo sorressero intonando anch’esse, prima piano e poi crescendo, le note vive di quel dolce canto.
E non v'eran gusci vuoti più a raccoglier quelle voci, o a riferir silenzi infranti a quegli orecchi immoti.
La gioia colmò il cuore della piccola lumaca e come il vento volle uscir da quella stanza, il suo canto s'innalzò di nuovo dal suo petto e prese il volo, sorretto da mille e poi duemila e poi milioni di spirali di speranza.
Tutto il mondo ancor cantò la sua canzone, e poi milioni di canzoni dopo quella che sbocciavano e crescevan d'ogni dove, come i cerchi dorati su uno stagno alle porte del mattino quando piove.


Montagne di gusci tornarono al mare, 
e ognuno è una storia, da capire e da amare...
Altri gusci alla spiaggia il mare poi rese,
per ridare una voce alle storie incomprese.