domenica 26 luglio 2015

la favola dei numeri


C'era una volta un bambino, si chiamava Uno.
Era un gran sognatore, ma i suoi sogni non trovavan mai una fine.
Aveva una gran voglia di conoscere il mondo, ma non sapeva proprio da che parte cominciare.
Aveva in realtà una gran paura di sbagliare, pensava che se avesse cominciato da una parte avrebbe perso infinite e fantastiche occasioni, e allora si voltava, ma gli pareva che il mondo ruotasse tutto insieme a lui...
Un giorno, disperato Uno chiuse gli occhi, era triste e sconsolato e allora "voglio pianger!" disse.
Due lacrime s'affacciarono alla luce e fecero una breve gara sulle sue lisce guance... "Perché piangi?"
A quel sentire Uno apri gli occhietti e vide un bimbo, "Tu chi sei?".

"Ciao! Io sono Due!".
Da quel momento Uno fu contento, e seppur rimase sempre indeciso e pieno di domande le acque che annegavano i suoi sogni non gli parver più così profonde.
Due era un bambino semplice, lui al contrario di Uno non aveva mai dubbi o incertezze su quello che voleva fare, ed era decisamente un gran chiacchierone.
Era come se il mondo fosse tutto davanti a lui che l'accoglieva pien di gioia.
Per lui le cose erano semplicemente o bianche o nere, ed anche se talvolta alcune sfumature gli sfuggivan era sempre comunque un piacere parlarci poiché diceva esattamente solo quello che pensava...
Un giorno Due disse a Uno "Vuoi giocare?"
"Dici a me?" disse Uno.
"Posso giocare anch'io?".
"E tu chi sei?" disse Uno.

"Sono Tre!".
"Wow!" disse Uno.
"Fantastico!" disse Due.
Tre era un bimbo frizzante e super vivace, allegro e pieno di energia.
A lui piaceva moltissimo fare ruote e girotondi, non stava mai fermo e si adattava a far qualunque gioco, era un grande spiritoso e da quando c'era lui non ci si annoiava mai.
Un giorno disse agli altri: "Oggi chiudiamo gli occhi e meditiamo!".
"Meditiamo? Cosa significa? Non dobbiamo fare niente?" chiese Uno.
"Chiudete gli occhi, e fate tutte le cose insieme!".
Quando riaprì gli occhi a Uno parve che fosse passata un'eternità in un battito di ciglia.
Due fece un sorriso grande "E tu chi sei?".

"Ciao amici, io sono Quattro!"
Un bimbo tranquillo era Quattro, con lui tornavan sempre i conti, è come se stesse sempre al posto giusto, non si lamentava mai, ma anche difficilmente proponeva qualcosa.
Talvolta pareva che ci fosse ma non ci fosse insieme.
Litigare con Quattro era quasi impossibile, e se putacaso succedeva non la spuntava comunque mai nessuno.
Alla fine finiva sempre tutto con una stretta di mano.
Un giorno Quattro disse "Perché non giochiamo ai quattro cantoni?!"
"Va bene!" dissero gli altri in coro, ed entusiasti si disposero agli angoletti d'una piazza.
"E adesso?" disse Uno.
"Se non avessi oror’ parlato, giurerei che manca Uno!" disse Tre ridendo, "Se tu fossi lì nel mezzo giurerei saremmo in..."

"Cinque! Ciao ragazzi, io son Cinque! Quel posto in mezzo è mio!".
Fu una gran sorpresa per tutti, Cinque era un vero rivoluzionario, da quando arrivò lui di giocar non si finiva mai, anche se poi, quand'era sera di dir che gioco hai fatto a dire il ver non ti riusciva.
Era tutto un progettare e chiacchierare e se d'idee non ne venivan lui stava li col dito in bocca e gli occhi in su...
"Ci pensi tu?" dicevan gli altri, e allo sbocciar del suo sorriso "Evviva batti il cinque amico mio!" saltavan tutti.
"Oggi abbiamo una missione!" disse Cinque, "Dobbiam trovare Sei!".
"E chi sarebbe?" disse Uno, "E non siam 'bastanza in cinque?".
"Si, mi piace!" disse Quattro, "Andiamo Due, non vuoi venir con me?".
"Vengo anch'io!" disse allor Tre.
E cominciò così quell'inconsueta assai missione.
"Sei, dove seiii!" s'udì un gran coro.
"Faremo prima" disse Cinque, "se ci divideremo. Farem due gruppi, Tre con Due e con Quattro andran di là, io con Uno...".
"Ma siam di meno!" disse Uno.

A quel dire una vocina, piano piano, dal silenzio s'affermò "Ci sono anch'io!"
"L'abbiam trovato!" sabbracciaron tutti, "E non l'abbiam neppur cercato!" disse Cinque.
"Evviva Sei! Evviva Sei!" dissero in cinque.
E Sei fu subito dei loro.
Era un bimbo docile e tranquillo, un grande sognatore con la pace in fondo al cuore.
Le sue storie avevan sempre un sol che nasce e un sol che muore, nel grande cerchio dell'amore.
"Sei," gli disse un giorno Uno, "Che stai pensando?"
"Vedo un'ombra amico mio, che ferma i soli all'orizzonte, e non è d'alba o di tramonto, ma tra i due cerchi si scompone a mezzogiorno."
"Non ti capisco amico mio" gli disse Uno, "in mezzo al tempo c'è nessuno!".
"Eppur lo vedo" disse Sei "È tutto il giorno che lo vedo..."
Venne la notte.
"È mezzanotte!"
"Chi ha parlato?" disse Uno, "Mi hai chiamato?" disse Due, "Siete svegli?" disse Tre, "Cosa fate?" disse Quattro, "Il ciel stellato?" disse Cinque, "Sei arrivato!" disse Sei.

"Siamo Sette!" disse lui.
Era giunto nella notte, e fu subito giorno.
Sette era un portento, una forza della natura, un vero condottier conquistatore.
Quando venne lui scomparver giochi, ruote, cerchi e discussioni, "Conquisteremo il mondo!" diceva, "Scopriremo posti magici, berremo l'acqua da sorgenti cristalline, spiagge dorate conserveran le nostre impronte e degli oceani andremo intrepidi sull'onde, la nostra culla sarà il fuoco del vulcano e nostra casa l'orizzonte!"
Furono giorni di viaggio e d'avventura, d'incredibili scoperte e magici momenti.
"...ma il nostro mondo non ha sponde!" disse un giorno Sei.
"Abbiam le stelle" disse Sette, "che ci guidan nella notte!".
"È molto bello amico mio, ma dov'è che andiamo? E non v'è mai un ritorno?"
"È tutt'intorno amico mio, tutt'intorno... dobbiamo andare!"
"Eppur mi pare che siam soli..." disse Sei, "come i soli all'orizzonte, un che nasce ed un che muore. Come quando tu non c'eri, e poi arrivasti nella notte..."
"Fosti tu che mi vedesti amico mio, e or sei tu che non mi vedi?" disse Sette.
"Io ti vedo come vedo il sol che nasce, e poi ti vedo come vedo il sol che muore, e poi li vedo insieme i soli... E vedo te, che non sei solo!"

"Tu vedi me, che sono l'Otto!".
"Ti vedo anch'io" s'affrettò Sette.
"Tu sei il ritorno?" chiese Sei.
"La nostra casa è dentro noi" rispose Otto "ma si può andare oppur tornare... fermi no, non si può stare."
"Bentornato!" disse Sei.
"Benvenuto!" disser tutti, e fu allestito un bel banchetto, e furon d'Uno le domande, di Due fu l'entusiasmo, Tre fu d'allegria ministro, Quattro tenne banco, Cinque alzò i bicchieri, Sei fe' una ghirlanda di parole, e poichè ognuna ebbe un colore, Sette le dispose in fila come i petali d'un fiore, poi venne Otto e fe' l'incanto d'accordare i cuori a un dolce e amato canto.
Come ruote che giravan sempre unite da ogni tempo, cosi cantavan tutti insieme che parevan fosser... tutti.
"Come son belli! Potrei turbarli... Potrei osservarli da lontano, col favore della notte, senz'annunciarmi, e magari piano piano avvicinarmi..."
"Sta arrivando un uragano!" disse Tre.
"Può spazzarci tutti via?" domandò Uno.
"Guarda, intanto adesso piove!" aggiunse Tre.

"Ben trovati amici, sono Nove!".
"Temevamo una tempesta!" disse Uno.
"La tempesta è il nostro cuore!" disse Nove, "che fermo può restare sol se tutto muove!".
"È per questo che ora piove?" disse Tre, "che scendon fulmini dal ciel ruggenti come draghi, e turbini s'avvolgon tra i bagliori e sferza il vento sopra i fiori?"
"Son gli umor delle stagioni!" disse Quattro.
"Oltre il cielo e le stagioni andar dobbiamo" disse Nove, "su, nell'alto e basso insieme, dove i giorni son sorrisi che risplendon fulvi nella notte scura, e gli orizzonti non son retta o curvatura ma puntini, sol puntini luccicanti!"
"Son le stelle!" disse Sette.
"Le stelle sì," rispose Nove, "son le vie del firmamento, grande affresco intorno al tempio senza volta né pareti del regno oscuro dei pianeti!"
"Come giran tutti quanti!" disse Tre.
"Sono immensi e variopinti!" disse Sette.
"E sincrocian ogni tanto! Disse Due.
"Son distesi sopra un piatto!" disse Quattro.
"Ma cos'è che li sconvolge?" chiese Uno, "par che fuggan tutti quanti!"
"Oppur rincorron qualche cosa," disse Sei, "che li fugge, 'che son tanti!"
"Sono i passi dei giganti," disse Cinque "che fan cerchi negli stagni!"
"Ci dev'essere l'incanto" disse Otto "che i pianeti tutti muove!"
"Tutto questo mi commuove!" disse Uno, "tutti e nove intorno al sole!"

"Benvenuti amici! Sono Dieci!"
"Ben trovato!" disser tutti.
"Siamo in tanti," chiese Uno, "oppur siam tutti?"
"Siamo il cerchio," disse Dieci, "che ci fa sentire tutti, e in vero si, ti dico, siamo tutti!"
"Ma questa storia è già finita?" chiese Uno.
"E una fine questa si," rispose Dieci, "ma non di meno è anche un inizio!"
"Ma se siam tutti" disse Uno, "se siamo il cerchio, e siam la fine... Ora cosa può iniziare?"
"Così cominciano le storie, amico mio," rispose Dieci, "ci vuole un cerchio, un girotondo, e a turno ognun potrà 'contare. Puoi iniziar tu, che lo sai fare!"
"Ma la mia storia ancora, dovrei di nuovo raccontare?" chiese Uno.
"Se la vivessi ancora," domandò Dieci, "sarebbe uguale?".

 
"Sarei diverso!" disse Uno, "sarei più forte! Avrei i miei dubbi ancor nel cuore si, ma non mi potrebber governare!"
"Bravo!" disse Dieci, "con il tuo aiuto tutto il gioco può iniziare, poiché se d'"esser" ci si accorge nella vita, li si comincia una nuova storia a raccontare! 
Così comincia un nuovo ciclo! E tu sei l'Undici, ti dico."
"E dopo me verrebbe il Due?!"

"Con molta più passione!" disse Due, "sarei il signor dell'abbondanza, spartirei il mondo poiché fosse una gran torta, e i cieli interi appenderei nella mia stanza..."
"Bene!" aggiunse Dieci , "quel che dici ti s'accoppia! D'esser Dodici ti tocca!"

"Questo gioco mi par strano... Se dovessi ancora essere Tre, son sicuro che sarei lo stesso, ma se devo recitare, e a questo cerchio che s'accosta tanto a una spiral prestare tempo, io lo giuro, sarei il vento! '
"Molto bene!" disse Dieci, "'siccome il vento annuncia il vento tu Tre dici..."

"Giocherei anch'io," s'aggiunse Quattro, "e sarebbe bello esser regina della pace e dell'immenso, e mescere l'essenza d'ogni cosa, e ricavarne ancora il senso!"
"Fantastico!" commentò Dieci, "e c'è Quattordici!"

"Ed io potrei per gioco, giocar coi panni sconci di bea smorfia e disonore, e al mondo mostrar tosto i volti osceni del potere!"
"E Quindici non manca!" disse Dieci.

"Si può nascer tante volte a questo gioco apprendo, e tante volte ancora il mondo riscoprire, e allor che al cielo il nostro cuor s'appressa, in fondo ancora e ancor cadere, ma con la gioia d'esser gocce variopinte dal cielo attratte sempre e dall'amor sospinte... Quei tesori vorrò sempre riscoprire e intanto esser la gioia ch'a ogni cuor dona dei cieli il canto."
"E siam Sedici d'incanto!"

"Vorrei che il cielo che mi guida nella notte discendesse misterioso sulla terra e che i miei passi si fermasser sazi solo al cospetto d'una stella!"
"Mai brillò di più un incanto... Diciassette!"

"Nell'equilibrio d'ogni cosa io mi pongo, son la bilancia che non pesa al mondo e sono il mondo. 
Come un castello mi dipingo che governa e incastra i versi agli universi... Ma qui m'aquieto sotto l'onde d'uno stagno, che increspan l'anime e i riflessi dell'immenso. 
Ai mondi dono il gran mister della speranza, e la fortuna che insegue i moti oscuri e altalenanti della Luna."
"Diciotto, e la notte è piena!"

"Di tutti quei pianeti ve n'è un che non avanza, che incollato s'è al mio cuore e tutto il resto ruota in una strana e ignota danza... Terza nota sopra un'arpa che s'accorda con le rime dell'immenso, d'un azzurro chiaro e intenso m'ha stregato la più bella, la più dolce... madre Terra. 
Per chi cerca all'orizzonte di quei mari sconfinati, oltre limiti e paure, spiagge e monti che l'accolgan, verdi boschi e pie radure, e per chi avanza con timore ad ogni passo e con coraggio sostenendo le sue cure, io sono il Sole!"

"Quel che ha parlato," disse Dieci, "è Diciannove. 
E ora che un nuovo cerchio è già finito, or devo anch'io, che son la ruota che s'avanza e tutti quanti invita a danza, raccoglier pure quell'invito. 
Il buon lettore avrà capito che a questo gioco sconvolgente ch'è la vita, non v'è regista o diligente osservatore che non sia pur perdutamente e irrimediabilmente attore. 
Io voglio esser quel momento, in cui ogni uomo che apre il cuore al suo tormento s'accorge d'esser parte e fondamenta dell'immenso. 
Che si ripeta all'infinito, come l'alba che ricuce il giorno dai brandelli del tramonto, ed il tramonto che risvela ancor d'incanto l'immensità del firmamento."


"Solo un momento," disse Uno, "quand'ero solo, ed ero tutto, e in ogni parte vago e incerto mi perdevo, prima ancora che una voce amica mi rapisse il cuor, io feci un sogno, e v'era il tutto che svaniva, e il niente che niente più non era. 
Quando aprii gli occhi solo allor m'accorsi che fino ad allor l'avevo chiusi. 
Perché? Mi chiesi in quel momento; cos'è che cerco in questi specchi solcando spazi vaghi e tempi in cui non vedo? 
A questa freccia su una corda tesa che il mio cuore ancora incurva io non seppi dare un segno... Ma quel che venne, or lo vedo, fu il mirabile disegno che m'accorgo io cercavo. 
E se fu bello, come vedon gli occhi e il cuor risponde, allora il mondo, ch'ora nasce e sboccia in ogni forma, a nulla più, vi dico, che una cornice si conforma. 
In quel disegno ch'è ragione e vera vita d'ogni cosa, come una rosa che si mostra al ciel che l'accarezza io voglio esser... la bellezza!"


"Sei stato matto amico mio," disse una voce, "tu c'hai 'contato questa storia. 
Ma solo a un matto riuscirebbe d'ingannarsi e tante vesti d'indossar per far baldoria... 
Si fa fagotto! Si segna il passo! Si soffia il vento! S'avvolge il tempo! Nasce una storia! Si fa baldoria!..."


 Storia "liberamente" ispirata agli arcani maggiori dei Tarocchi di Marsiglia di Camoin e Jodorowsky. 


giovedì 16 luglio 2015

il secchio è pieno


Ho visto i messaggeri della pace vomitare guerra
e come gran tromboni, rimpinguarla sulla terra.
Ho visto i mari caldi congelarsi intorno al ghiaccio
e quel' bruciar nell'aria come pece su uno straccio.

Poi nel cielo ho visto l'ombra d'un guerrier che non si vede
e cercando infondo, un uomo, oltre i vetri, sul selciato,
che al cuor suo chiedeva il conto di quel che visto aveva... e dato.

Abbiam vinto gli dicevan, l'onde il mare e la tempesta,
ora dormi, e placa il cuore, poi doman faremo festa.
Lui un respiro chiese al cielo, non mutasse in un singhiozzo,
come un secchio che traballa mentre sale su da un pozzo.

"Quel che hai visto amico mio", suggerì il cielo, "era il silenzio
che cieco avanza e mangia il cuor di chi non canta.
...se trabocca, il secchio è pieno, e ogni sua goccia il mondo incanta.
"

lunedì 13 luglio 2015

insert coin


Ormai son tutti esperti di economia... ma la moneta è privata!
Discutere di economia quando la moneta è privata è un esercizio scacciapensieri, come cercare di arricchirsi giocando ai video poker.


mercoledì 1 luglio 2015

prigionieri del niente


Cosa c'è che non va nella nostra società?
Cos'è che ci impedisce di viver sereni e d'affrontar la vita curiosi ed entusiasti?
Cos'è che ci allontana gli uni dagli altri, che ci rende diffidenti, scoraggiati e indifferenti?
Viviamo in una società assurda, una società dove ti chiedono: - Che fai tu per campare? E tu: - Lavoro, in ufficio. - E tua moglie lavora anche lei? - No, lei sta a casa... e ci par tutto normale.
Una società dove non importa quante tasse paghi, tanto quelle vanno tutte a ripagare quel "prestato niente", e il pozzo è sempre vuoto, e se ci guardi dentro vedi che c'è niente, e se ti chiedi che ci hai messo ti accorgi ch'era niente, e dov'è che stai guardando?... non lo sai, hai visto niente.
- Ci ha gabbato la finanza amico mio!
Nooo! siamo vittime del niente!
E intanto tutto abbonda e niente è niente, e franano le strade e non c'è abbastanza niente, tanti soffrono la fame e non c'è abbastanza niente, avanzano le case e dentro niente...
- Quanto niente hai nelle tue tasche?
- Non ho più niente!...
E tutti lo sanno che però è la crisi, che c'è "troppo tutto e poco niente".
- E che vuoi, ogni tanto pur succede, è come l'influenza amico mio, ci puoi far niente?
- Lo so lo so, l'ha detto anche la TV, son i malanni della terra!
- E l'altr'anno non ci venne anche la guerra?!... 
È un'illusione questa "scatola prigione", non sappiam trovare accordo per crearne una migliore, e per questo siamo schiavi e prigionieri dentro il niente...
- Cosa hai detto amico mio?
No no, niente di niente...