sabato 29 dicembre 2018

ode alla Verità


La Verità non si cura degli imperi,
dei grandi nomi ne' delle autorità,
essa è libera, schiava di nessuno,
compagna generosa di chiunque,
senza presunzione mai d'averla,
accanto a sé l'accoglierà.

A qualcuno può sembrar lasciva,
donna vacua e impenitente,
a me pare tanto dolce
quanto più è franca e più sfuggente;
e più è lontana, più mi par
che mi s'accosti e m'appartenga
quel suo fuggir da ogni prigione
che pigramente la trattenga.

Fuggi cara mia dove nessun ti vede,
oltre i pensieri chiusi
che voglion tesserti una rete,
e lascia pure ch'io ti cerchi
e ti corteggi invano,
e quando al fine io ti trovassi
tu fuggi allora più lontano.

Ch'io vaghi senza meta lascia,
che nel cercar sempre mi perda,
e fra speranza e scoramento
fa' che io vada e venga
e poi fuggendo torni ancora,
come ritorna il giorno sempre
a rimirare la sua dolce aurora.

Alta nel cielo orora impenna
fin sulla stella più vicina
a cui neppure il più curioso
tra gli occhi accesi s'avvicina.
E non sentirti sola e abbandonata
se, più che amar senza promessa,
quei tanti indoran riverenti
la pia e domestica "certezza",
son sguardi bassi sulla terra quelli,
persi alla via della bellezza.

E tu sei bella più che mai,
quando furtiva tra i pensieri,
senza turbarti il cuore, te ne vai,
di chi s'illude già d'averti,
di chi t'ha avuta e chi t'ha persa
o chi per certo poi t'avrà...
Come una gazza in cerca d'oro
prendi il tuo dono allora e fuggi,
per far più bella libertà.

Brilla di luce ancor ti dico,
e mentre brilli sii fugace,
come il baglior d'una cadente stella
che l'occhio appena scorge,
mentre la bocca aperta tace.

Lascia che affrontino i tuoi amanti
i sentieri incerti del mistero,
col cuor sguarnito alla sconfitta
ma sempre vivo e sempre vero.

Ed io con quelli voglio star, ti dico,
che di lontano t'accarezzan
di tra le nubi rimirando attenti,
mentre tu, ascosta tra i ginepri,
il lesto vol’ spiccando li sorprendi;
quei che ti perdono esultando
quando si scioglie e grida il cuore,
mentre la mano stringe forte l'arco
d'uno sconfitto cacciatore.

Finché tramonta il giorno
e il cielo infiamma rabbuiando il sole,
anche t'amassi oltre i confini,
fin sulle tiepide sorgenti
da cui germoglia mite il fiume Pianto,
tu pur di me non ti curare,
e lascia ch'io scorra dolce
o che m'ingrossi e in mille flutti
pur m'avvolga e gridi rivoltando il cielo...
sia per te solo il dolce canto questo
di chi più è libero, più è vero.

Sol quando il ciel s'acquieta
e l'uno ai molti cede, Re,
che d'infiniti giorni ognun frammento
insiem s'assisan quieti
sulle preziose vie del firmamento,
sol quando affonda il giorno
ed io con esso e il mondo tutto
e tutto mestamente scema,
tu sosta allora un po' al mio fianco
e sui miei sogni veglia
che sempre t'assecondan,
che di vederti mai
ne' mai d'averti si figuran,
poiché del tuo fresco respiro
e del tuo dolce rimirar, solo si giovan.

sabato 22 dicembre 2018

l'unicorno


Sulle rive lucenti
del bel rio mormorante
vidi un giorno specchiarsi
l'universo raggiante.

Lui mi vide e io nacqui
ogni giorno diverso
come il fiume che scorre
sotto il cielo riverso.

Sulle rive lucenti,
m'attendeva ogni giorno,
rispecchiando l'immenso,
quel raggiante unicorno.

Tra le valli di ghiaccio,
oltre i fiori tremanti,
coloravo il silenzio
coi miei passi danzanti.

Sopra strade sepolte,
dentro boschi di fiamme,
tra dirupi che parlan
d'imprendibili gemme

avanzavo ogni giorno
come fosse il più bello,
come un Re che ritorn'al
suo adorato castello.

Sopra il rio mormorante
l'unicorno aspettava
che il mio occhio vedesse
quel che il fiume cantava.

- Il mio nome è Persempre!
poi mi disse correndo
come l'ombra d'un falco,
più veloce del vento,

e lo vidi svanire
oltre i boschi fatati,
come un vecchio ricordo in
mezzo a sogni incantati.

Sopra il rio mormorante
posai allor l'occhio stanco e
vidi il bianco unicorno
che specchiava al mio fianco.

- T'ho cercato una vita,
poiché tu mi fuggivi,
or mi par di toccarti
mentre scorri in quei rivi...


- Come vedi quel fiume,
cos'io vedo il tuo tempo
mormorar la tua storia,
accordarla al suo stampo.


- Se la storia mia scorre,
come il fiume a cui vieni,
su che fiume tu scorri?
tu a che fiume appartieni?


Mi voltai per guardarlo
sulla riva lucente,
e quel canto non c'era,
più non c'era il torrente...

Torna il giorno alla notte
si ravvolge al suo grembo,
per rinascere ancora,
quando sente il momento.

Torno io fra le righe
consumate del tempo,
a inseguir tra i ricordi
l'ombra bianca del vento.


Blade Runner film 1982

mercoledì 31 ottobre 2018

il respiro del mare


Vedevo il respiro del mare.
Quel mare, forse, ero io.
Una madre parlava a un bambino.
Entrambi, forse, ero io.
Raccontava la storia del mare,
dell'onda che porta i riflessi del sole.
Quel sole, forse, ero io.

sabato 29 settembre 2018

orizzonti del marketing


Un mondo che premia chi sa vendere è un mondo che, fondamentalmente, non sa scegliere.

domenica 23 settembre 2018

quando le madri divennero uteri, cosa divennero i padri?

Bambini prigionieri d'un "contratto", che per tutta la vita dovranno fare i conti con una promessa durata nove infiniti mesi nel grembo della madre, disattesa e disumanamente calpestata per una firma maldestra, sopra le clausole ritorsive d'un contratto e dietro il prezzo pattuito per il silenzio e la distanza...
Non si allontana un bambino dal seno della madre, è una legge di natura.
Se si vuole il bene di quel bambino si fa di tutto perché stia con lei, magari aiutando la madre a mantenerlo, se ci avanzano i soldi.
Questo farebbe un uomo degno d'essere un padre.
Non si compra il consenso ad un atto innaturale, nessuna legge può giustificarlo, e non vedo proprio come si possa accettare che certe cose divengano "contratto".
E invece lo vedo, tutto ciò si fa, sotto gli occhi vuoti dell'indifferenza e nella pia normalità di questa civilissima e grigissima società.

domenica 16 settembre 2018

la mente oltre i confini


Ci vuole una prova scientifica per dimostrare che... ci vuole una prova scientifica per dimostrare che... ci vuole una prova scientifica per dimostrare che... la mente non ha confini.
La mente non può avere confini poiché essa il meglio che sa fare è fabbricarne, ed è nell'illusione di varcarli che essa affonda sempre più, persa nel suo piccolo e agitato stagno.
Ma ciò non toglie che essa vada necessariamente "sconfinata", e questo infondo lei lo sa, e il saperlo la tormenta, come una voce che le giunge da lontano, un ricordo antico e perso che si mostra viè più chiaro quanto più s'oscura la sua vista.
Oltre i confini della mente iniziano i regni profondamente alti dell'anima e i vibranti e variopinti orizzonti dello spirito.
Per varcare i suoi confini allora, perché sia bella e viva e non si perda riavvolgendosi a se stessa in una stretta senza fine, essa dovrà smettere di vedersi come un punto d'arrivo e dovrà offrirsi invece come punto d'incontro.
Dovrà offrire la sua acqua alla terra, e nella terra accettare di morire e rinascere in foresta e lasciar che questa cresca libera, scaldata dal sole e carezzata dal vento, gioendo del giorno e dalla notte mai fuggendo e serbando in seno solo e sempre acceso un lumicino, ovvero il sogno, un gran bel giorno, di ridiventar "giardino".

domenica 26 agosto 2018

...una perdita di tempo



Ogni ora che ognuno di noi fa qualcosa a servizio di altri, egli crea un valore, valore che poi è costretto a scambiare prendendo in prestito la moneta, ovvero l'unità di misura del tempo impiegato al servizio degli altri, e la prende in prestito da qualcuno a cui concede d'esserne proprietario e beneficiario, e a cui consente di crearla senza fare alcun che, se non "convincere" la maggioranza di noi che la cosa migliore per tutti noi sia essere e restare suoi debitori perenni.

In poche parole per ogni ora che ognuno dedica al servizio degli altri egli è debitore di un'ora, più interessi, verso la banca privata del tempo che naturalmente non produce il tempo ma che, senza dubbio, dispone del tempo di chi utilizza il mezzo di scambio di cui essa è proprietaria.

Naturalmente la banca del tempo non potrà mai esigere il credito di tempo di cui è titolare, ma potrà senz'altro utilizzare quell'indebito credito per "suggerire" e financo imporre ad ogni piccolo grande debitore politiche e condizioni sull'utilizzo del tempo a sua disposizione.

È questa la vera natura del debito pubblico, esso è letteralmente una "perdita di tempo".

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sabato 11 agosto 2018

psicologie da riporto


Mentre il francese sottomette, affama e umilia 
per decenni milioni di persone,
l'italiano oggi s'accorge del razzismo,
facendo zapping da televisione.


Tu, italiano, sei razzista!, dice quella,
grande vergogna e indignazione!


Così l'italiano s'arrovella,
sente deluso il suo padrone,
e come un segugio frigna e piange
perché non trova il suo bastone.



venerdì 10 agosto 2018

l'africa può risorgere


Un grande uomo (che conoscono in pochi)
parla di un grande continente (che conoscono tutti),
soffocato da un grande peso (che pochi vogliono vedere),
e con un grande sogno (che a tutti farebbe bene sognare).



giovedì 9 agosto 2018

perché?


"Perché?" è la domanda più intelligente
per chi si sveglia al mattino
e la più stupida per chi, quando è sera,
poggia la testa sul cuscino.

vera economia


Secondo un'offuscata concezione delle cose del mondo, di cui molti si sono lasciati maldestramente persuadere, ogni bambino nasce debitore di tutto quello che altri uomini hanno fatto prima di lui, e quindi da debitore dovrà affrontare una vita di privazioni e di supplizi.
Come se si potesse davvero restituire il mondo a qualcuno che ormai più non c'è.
Come se una nave dovesse pagare pegno al passato con pezzi di scafo e ritagli di vela per ogni miglio che avanza sul mare del tempo...
Secondo qualcuno, invece, di togliere l'ancora è giunto ormai il tempo, e di dispiegar con speranza le vele alle carezze e ai sussurri del vento... Chissà.

martedì 31 luglio 2018

così il diavolo va a pesca


Che vi entri in testa o no, il lupo si traveste "sempre" da buon pastore o da amorevole agnello, e il diavolo non si mostra mai con le corna che ammoniscono e la coda che dal sonno scemo ognun ridesta, piuttosto egli corteggia e seduce l'occhio pigro che si presta, col cravattino che ammansisce e la compassione d'un sorriso che fa pesca...

https://imgur.com/sqj4mQ5

martedì 24 luglio 2018

orizzonti binari


Osservo un mondo in cui i computer somigliano sempre più agli umani.
Vedo un mondo in cui gli umani somigliano sempre più ai computer.

mercoledì 18 luglio 2018

le leve del potere


Più che di paure, cattivi
e buoni sentimenti,
il poter si giova e vive
d'ignoranze impenitenti.

giovedì 14 giugno 2018

l'unica educazione che conta


L'educazione sentimentale è l'unica educazione che conta, tutto il resto è olio per ingranaggi, ruote incastrate d'una grande macchina che macina e consuma se stessa.

sabato 9 giugno 2018

osservando la sfilata dell'orgoglio omosessuale


L'umanità non si divide in "eterosessuali ed omosessuali", piuttosto, volendo discernere, in uomini e donne che danno ancora una ragionevole importanza all'estetica, alla bellezza, all'armonia, rendendo ancora possibile nel mondo la sensualità, e uomini e donne persi, schiavi della loro "sessualità" o di qualunque altra cosa, sottomessi al giudizio altrui che per contro sfidano scioccamente e dal quale cercano infondo null'altro che approvazione, manipolabili ed incapaci di vedere l'orrore in cui si trascinano e nel quale trascinano gli altri, financo i bambini...
L'insensibilità verso l'infanzia è davvero il lato peggiore che l'uomo riesca a mostrare.

La libertà è un'alta ricerca interiore, non una bassa ostentazione esteriore.


Emil Nolde, Adamo ed Eva cacciati dal Paradiso, 1921 © Nolde Foundation Seebüll

giovedì 7 giugno 2018

la culla del male

 
Il mal si rinfranca e si giova,
più che d'ogni altra cosa,
dell'incredulo sguardo dell'uom
che di nulla s'intende,
che su nulla si posa.

mercoledì 6 giugno 2018

martedì 5 giugno 2018

una breccia


Tracce di luce s'affaccian taglienti
nelle buie e malverse segrete.

Sulla bastiglia delle dodici stelle
oggi s'è aperta una breccia.

Questa breccia si chiama,
il ciel lo conceda e la terra lo voglia... Italia!



sabato 2 giugno 2018

interferenze


In questi giorni si è sciolto un triste e ormai assai noioso incantesimo in Italia.
E' un po' di tempo invero che si percepiscono "interferenze", che il segnale cade e le paroline magiche non funzionano più proprio a dovere.
E' successo allora che la regina DEMOCRAZIA sia riuscita a liberarsi dalla morsa indegna in cui era stata chiusa, avviluppata e svilita, prigioniera del nome d'un partito, il Partito sedicente Democratico (PD), e che altrettanto sia riuscita a fare la principessa LIBERTA', scrollandosi di dosso il fastidio d'uno "stesso" altro partito, il sedicente Popolo della Libertà (PDL).
Un incantesimo unico ma doppio e doppiamente potente che è riuscito ad imprigionare un intero paese per dieci anni e più, e che si è sciolto oggi sulle strade di Roma, mostrando il peggio di se, tra i fumi estasianti della blasonata repubblica e le bollicine inebrianti della "tanto amata" costituzione...
Oggi è un giorno di festa in Italia, ma se c'è qualcosa da festeggiare forse è questo: che la bacchetta magica più tecnologica della storia, la regina dell'etere, il frutto quadrato che sboccia e s'annida spavaldo nei nidi dell'uomo moderno, la TeleVisione, ha perso buona parte del suo potere.

 
Forse la verità è solo una debole interferenza, una voce discreta e paziente tra i segnali incalzanti della menzogna e della falsità, ma una voce che c'è, e per chi vorrà cercarla, che sempre ci sarà.


martedì 29 maggio 2018

essi vivono - una lotta tra titani


Questa è una delle scene più epiche di tutto il cinema, scena di uno dei miei film preferiti di sempre.
E' la scena di una lotta, una lotta tra due uomini, o tra due volti dell'uomo.
Da una parte c'è la tenacia di chi non sopporta più la tortura di vedere occhi bassi intorno a se, occhi curvi e miseramente appiccicati al grigiore di una menzogna oscena e non più accettabile, e sceglie di accettare tutto il peso che la sua scelta gli comporterà, pur di portare un po' di luce intorno a se.
Dall'altra c'è l'ostinazione di chi, pur di non fare il minimo sforzo per cercare di vedere solo un centimetro oltre il recinto che gli è stato costruito attorno, è disposto a prendersi in faccia tante legnate da finire steso a terra, dolorante e senza più forze.
Una scena che nel mondo si ripete e si ripete, dalla notte dei tempi forse, e forse ancora fino all'eternità.
O forse chissà, è solo un piccolo motivo ridondante della nostra folle società.
Sicuro è che John Carpenter l'ha colta chiara, impeccabile, cristallina, come quel raggio di luce che, alla fine, nonostante tutto, nell'immaginario del regista, ha trovato comunque la sua strada, mostrandosi più tenace anche della più buia ostinazione.


Versione in vernacolo teramano
 

venerdì 25 maggio 2018

giovedì 24 maggio 2018

le vie della verità


La verità striscia su ogni cosa,
sulla spina e sulla rosa,
sopra la schiena dei serpenti,
perfin sulle menzogne più indecenti.

martedì 1 maggio 2018

la bianca parete


Allorchè v'appressaste ai confini del mondo,
col suo motto ei v'accolse, sopra il candido sfondo.

"Ali di vita che schiudono il cielo,
sognanti vascelli che cullano il mare,
sorgenti giocose di grazia e d'amore,
o voi che sbirciate curiosi oltre il velo,
scostando impazienti anche queste parole,
trovatevi l'anima, voi... se lei vuole."


Or che quei versi di nuovo leggete,
sui confini del mondo, fors'anche, voi siete...


...o vieppiù dalla noia e dall'ombra incantati
d'una solita, solida e bianca parete.



martedì 17 aprile 2018

il tarlo dello stercoraro


"Il progresso non si può fermare, la scienza è inarrestabile."... anche questo tarlo tarla, e riduce l'uomo in polvere.

il tarlo delle cavallette


"La guerra è necessaria, sulla terra siamo troppi!
Questo tarlo è nella vostra testa! 
Io l'ho sentito parlare. 
Liberatevene!

venerdì 13 aprile 2018

confessioni di una psiche


"Non potrei mai accettarlo, dovrei pensare che sono tutti organizzati a perpetrare un crimine globale. Preferirei uccidermi."


Sono le confessioni di una psiche che ho incontrato per strada, una per tutte.
Poche parole che costituiscono il mattone e la fortezza di tutti i più grandi crimini della storia, quella scritta già e quella scritta non ancora.

giovedì 12 aprile 2018

il tempio di nessuno


Le deplorevoli pagine di storia che qualcuno leggerà "ieri" si scrivono sempre "oggi", ma se "ieri" è patria di tutti, "oggi" è tempio di nessuno.

giovedì 22 marzo 2018

prospettive


"L'anima esiste ed è immortale.", lo dice la fisica quantistica.
"La fisica quantistica esiste, e... va bene così.", lo dice l'anima.

sabato 17 marzo 2018

un timido spiraglio


Al mondo c'è chi crede d'esser sveglio
e nella notte avanza ignaro
poiché ancor' ella regni meglio,
e chi s'accorge dello sbaglio,
offrendo all'alba scoraggiata 
ancora un timido spiraglio.

giovedì 15 marzo 2018

domenica 11 marzo 2018

venerdì 9 marzo 2018

orizzonti in fiamme


Non è quello che sai che incendia il tuo orizzonte.
Puoi saper tutto della vita delle rondini, ad esempio,
ma se non hai almeno una volta immaginato
d'esser travolto da quell'ansia, che si governa a stento,
d'offrire il cuore all'aria e d'abbracciare il vento,
quel che sai t'avrà infiammato men che quanto
un legno offerto al fuoco, dentro un camino spento.



martedì 27 febbraio 2018

confini d'Europa


Ultimamente si sente spesso parlare di nazionalismo, come fosse il più grande male che incombe sulla nostra vita, l'ombra di un passato drammatico che, giustamente, nessuno vorrebbe rivivere.
Questo è per lo più l'argomento di chi sponsorizza l'Europa come fosse la soluzione assoluta, il definitivo raggio di luce sulle ombre di tutti i mali.
Si arriva persino a paventare, a difesa di questa visione, l'istituzione di un esercito che, con la forza delle armi, impedisca il rifiorire dei vecchi orgogli nazionalistici.
Dietro la nascita dei "mostri" si nascondono sempre pensieri semplicistici, come è già avvenuto, tra l'altro, proprio nel secolo scorso; pensieri che fanno facilmente presa sulle menti pigre.
Ora pensare che sia sufficiente spostare un confine geografico per superare certi problemi è, già di per se, un pensiero più che semplicistico.
Come se, per qualche oscura legge di natura, sia possibile essere fanatici nazionalisti, mentre sia invece impossibile essere fanatici Europeisti.
Come se gli Stati Uniti d'America, solo per il fatto d'esser stati "uniti" in qualcosa di più grande di loro, fossero per questo un perfetto esempio di pacifismo per il mondo intorno a loro.
Ognuno può giudicare quello che vede.
Per di più non sarebbe difficile, con un poco di fantasia, immaginare l'eventualità di un unico governo mondiale, per il vero agognato da molti, più o meno segretamente, che raggruppi sotto di se tutti i territori e tutta la popolazione del pianeta, e che quindi scongiuri definitivamente ogni velleità nazionalistica, ma che, al contempo, mantenga le genti sottomesse e schiave nella paura e nel terrore.
Sono sogni, incubi, che in molti hanno già fatto e raccontato.
Si continua a parlare di scatole e si omette sempre di costruire i contenuti.
Di fronte ad un'Europa come quella che, loro malgrado, tanti popoli sono costretti a vivere, vessati e privati d'ogni possibilità di "felicità", parola della quale ormai quasi si perde il significato, sarebbe sicuramente giusto, lecito e forse doveroso pretendere un'Europa diversa, che mettesse al primo posto i diritti inalienabili dell'uomo, non solo sulla carta, che sottraesse a ristretti gruppi di potere l'egemonia sulla somministrazione usuraia di moneta, restituendo la titolarità della moneta definitivamente al legittimo proprietario, il popolo, e restituendo allo stesso il sacrosanto diritto di autodeterminarsi, pur rimanendo nei sacrosanti confini del rispetto della vita e dell'umanità, questi sì, veri confini da curare e conservare.
Ma nulla vieta che per giungere a questo si possa ripartire da confini geografici diversi, più piccoli magari, dalle nazioni o dalle regioni, che importanza ha?
I confini sono "tutti" immaginari.
Gli stati, le bandiere, le lingue, le culture, offrono spazio all'immaginazione, regalano profondità e colore al mondo, non sono di per se un limite, piuttosto sono una ricchezza.
Non vi sono al mondo arcobaleni grigi o monotonali.
Se può esser vero che un unico buon governo mondiale ci garantirebbe un mondo buono, è pur altrettanto vero che un cattivo unico governo mondiale ci regalerebbe un mondo cattivo.
Per quanto mi riguarda, in questo momento storico, vedo molto più grandi i rischi che i benefici di una cieca dilatazione dei confini, ma lo ripeto, è sbagliato ragionare sui confini, sulle scatole, sono ragionamenti ciechi e vuoti; è dei contenuti che bisogna occuparsi.
Se il fanatismo è un male, è un male qualunque dimensione geografica si disegni intorno.
Se la solidarietà è un bene, è un bene da qualunque posto o posticino essa provenga.
Disegnatevi i confini che volete, ma riportate al centro l'uomo.



sabato 24 febbraio 2018

piccolissimi orizzonti


L'idea di "vittoria", salvo che nel sacro spazio del "gioco", è solo un’illusione dettata dalla limitatezza e dal conformismo mentale.
Chi s'illude di vincere ha in realtà già perso poiché ha smesso da tempo di farsi domande e di cercare risposte.
Tra pochi giorni in Italia si voterà.
Molti allora crederanno d'aver vinto, altri, più realisticamente, penseranno d'aver perso, ma la loro sconfitta non varrà più della vittoria dei primi.
La democrazia è già una triste sconfitta per un'umanità incattivita e non più in grado di comunicare con se stessa, figuriamoci una pseudo democrazia scimmiottata come quella in cui ci troviamo.

...faranno una nuova festa, alzando una vecchia o nuova bandiera ripeteranno a se stessi trionfanti “abbiam vinto!”, e faran tutto il giro, per lungo e per largo, del tanto amato e rispettato recinto…

venerdì 16 febbraio 2018

giovedì 15 febbraio 2018

le bandiere del male


Il male non si affeziona ad alcuna bandiera,
piuttosto si dileggia degli uomini che lo fanno.

venerdì 12 gennaio 2018

gusci vuoti

Successe un giorno un fatto invero molto strano,
e fu come se miliardi di lumache si prendessero per mano...


Il fatto in sintesi fu questo: quelle piccole lumache s'accorsero un bel giorno d'avere il dono di sentir ciascuna in un sol tempo quel che diceva ogni altra amica, proprio ogni cosa essa volesse dire, o che di dire gli passasse in mente, purché la dicesse in un modo pertinente.
Non era la prima volta che una lumaca ponesse l'orecchio sul labbro d'una chiocciolina vuota con l'intento di ascoltare il mare, ma fu si la prima che nel mentre, proprio nel mentre lo facesse, un'altra lumachina accostasse alla bocca l'apice arrotolato d'un'altra vuota chiocciolina, e si provasse di parlare.
Fecero in fretta le due amiche ad apprendere il segreto, benché la fretta non sia certo cosa che si addica alle lumache, e la notizia altrettanto in fretta poi si sparse e fece il giro, in quel che parve men che un sol minuto, di tutto intero il mondo scivolante conosciuto.
Questa strana, nuova ed eccitante condizione diventò presto un'incontenibile attrazione, e prese tanto in cerchio le lumache da sottrarre ai loro giorni quasi quasi tutte l'ore, tanto da ghermire lor financo il cuore.
Così contente ch'eran di sentirsi tutte unite, tutte prese da quel gran da fare che incessantemente le impegnava da quando e dove nasce a quando e dove muore il sole, non s'accorgevan nel frattempo, d'esser rimaste tristi e sole.
S'arrivò persino a dire che i gusci vuoti ormai non potevan più bastare, e che per quanto generoso fosse, non bastasse a procurarli neanche il mare.
Per pudore o per decenza poi, non fu mica tutto detto, ma è sognando gusci vuoti che nacque il regno del sospetto.
All'inizio fu un bel gioco, anche divertente e misterioso, ma presto, molto presto, diventò un'occupazione, e altrettanto presto quello che era ancora un bell'intreccio di parole fu nient'altro che noioso e confusissimo rumore.
Si capisce bene qui il motivo, poiché miliardi di lumache tutte insieme, per quanto si alternasser nel parlare, eran davvero tante; era come mettere in un sol bicchiere l'onde tutte quante, di tutti quanti i mari, dal più mite al più incostante, dal più vicino al più distante.
A volerci usar dell'attenzione, nell'ascoltare quel rumore ben s'udiva, con un ritmo persistente, l'alternarsi di momenti di silenzio, o meglio di rumore più attenuato, lunghi il tempo sufficiente perché ci si accorgesse che ci sono, a momenti un po' più lunghi di rumore, lunghi giusto il tempo di impostare una parola e non finirla per il fastidio procurato, perlappunto, dal rumore.
Si comprendeva quindi bene il motivo del silenzio, ch'era effetto del fastidio generato dal rumore, e parimenti s'azzeccava la ragione del rumore, ch'era l'ansia di voler comunicare incoraggiata da quel piccolo momento di impagabile silenzio.
Fra le tante e tantissime lumachine con due gusci vuoti in mano che si ostinavano a tentare di parlare per poi presto e inesorabilmente ritrattare, ce n'era una che piuttosto s'attrezzava, in buon silenzio, nell'arte inusa di pensare.
Si chiedeva, piccolina, come davvero poter fare a risolver l'intricata situazione.
Pensava e ripensava, e più pensava più le pareva che il problema non avesse soluzione.
Come questa piccola lumaca, così voglio anch'io far, per cui, se per un po' non sentirete di parlare, poiché smetterò di raccontare, sappiate che io son sempre qui, non sono andato a far baldoria, ma son tutto intero e preso in questa strana storia.

...Silenzio...

Bene, disse allor la lumachina, con un poco di emozione... ho trovato finalmente l'agognata soluzione.
Non so se poi davvero questa possa funzionare, ma non riesco proprio ad altro modo immaginare.
In quel frammento di silenzio, disse a se stessa e al mondo intero, deve nascere qualcosa che poi possa lievitare, dilatando quel silenzio e piano piano poi sbocciare.
Senza altro più spiegare la lumaca accostò il vortice d'un guscio alla sua bocca e iniziò presto a... cantare.
Era una dolce melodia, forse solo un ritmo in principio, rapido e che nel breve spazio del frammento di silenzio s'apprezzasse un poco rallentare.
Cantò con coraggio e con fiducia, come una piccola barchetta che s'orienta dritta a casa e non si cura dei perigli, sol la sua strada avendo a cuore, e solo il cuor curando in testa, nel fragor che non si fiacca della terribile tempesta.
Con gli occhietti chiusi e il collo ritto al cielo, come una sfinge che s'arrizza dal giaciglio millenario e svela al mondo il suo mistero, così stava, o come un faro su uno scoglio che dona luce a un ipotetico naviglio e mai s'arresta, fin quando l'onda cade e più non s'alza, e paga del suo armor discorre mesta.
Ma accostando oror' l'orecchio al guscio aperto, quell'abisso sempre uguale le parlava, con quel fragor che mai e per nulla s'acquietava, e lei sempre più stanca, fra le note del suo canto ciondolando s'arrancava.
Era triste un poco, e nondimeno affranta, eppur cantava.
Quando fu per aprir gli occhi stanchi, con le note che scemavan disperdendosi in frammenti, onda dolce come il bacio d'un amante che abbracciando avvolge, da ogni parte giunse un eco rincuorante.
Mille chiocciole allor s'avvide che le stavan tutte accanto, l'ammiravan forse già da tempo e s'inebriavan nell'incanto, e quando appreser che svaniva, tutte insieme lo sorressero intonando anch’esse, prima piano e poi crescendo, le note vive di quel dolce canto.
E non v'eran gusci vuoti più a raccoglier quelle voci, o a riferir silenzi infranti a quegli orecchi immoti.
La gioia colmò il cuore della piccola lumaca e come il vento volle uscir da quella stanza, il suo canto s'innalzò di nuovo dal suo petto e prese il volo, sorretto da mille e poi duemila e poi milioni di spirali di speranza.
Tutto il mondo ancor cantò la sua canzone, e poi milioni di canzoni dopo quella che sbocciavano e crescevan d'ogni dove, come i cerchi dorati su uno stagno alle porte del mattino quando piove.


Montagne di gusci tornarono al mare, 
e ognuno è una storia, da capire e da amare...
Altri gusci alla spiaggia il mare poi rese,
per ridare una voce alle storie incomprese.