martedì 16 aprile 2024

le sette regole delle regole del gioco

Il gioco, per avere successo, deve essere bello. Questa è la parola di Dio, il principio estetico, la regola che contiene tutte le "regole delle regole".

L'obiettivo delle "regole delle regole" è solo quello di soddisfare l'estetica, ovvero la parola di Dio. Esse sono di fatto dei principi estetici.

Per essere bello, il gioco deve essere un'occasione in cui chi partecipa possa muoversi, esprimersi e migliorarsi confrontandosi con altri giocatori e guadagnando capacità di giungere al successo.

Ma dev'essere anche un'occasione in cui sia possibile l'imprevisto, il colpo di scena, l'arbitrato della fortuna.

Il cuore del gioco, ovvero lo spazio all'interno del quale si esprimono i talenti e si manifesta la fortuna si chiama: "competizione".

Nella competizione, fra i due elementi, il talento e la fortuna, dev'esserci un preciso equilibrio, un'armonia giusta che favorisca il talento ma lasci sempre spazio alla fortuna.

Questa, che definirei "regola alchemica del talento e della fortuna", è decisamente la regola più importante e, negli spostamenti della bilancia in favore del talento o della fortuna prendono forma le innumerevoli possibilità in cui gli uomini producono i giochi.

Qualunque gioco soddisfi l'esigenza della regola alchemica avrà il favore di Dio e quindi fortuna tra gli uomini.

Ma ciò non basta ancora perché un gioco prenda una forma compiuta. Perché ciò avvenga altre saranno le regole di ordine superiore o, come le abbiamo definite, "regole delle regole", che dovranno essere rispettate:

Che ogni gioco abbia le sue regole, che siano dette o non dette, scritte o non scritte, purché siano accettate dai partecipanti. Questa è la seconda regola delle regole del gioco, che potremmo chiamare "regola di definizione", poiché sono esse stesse a definire il gioco.

Che le regole accettate non vengano cambiate durante il gioco se non per volontà unanime dei partecipanti, che siano essi attivi (giocatori) o passivi (spettatori). Questa è la terza regola e che potremmo chiamare "regola etica".

Che ogni gioco abbia meno regole e che siano più semplici possibile. E questa è la quarta regola delle regole, che potremmo chiamare "regola edonistica".

Fintanto che il gioco dura dev'esserci ragionevole possibilità di invertirne l'esito. E questa è la quinta regola, che naturalmente comporta il fatto che le parti in gioco non debbano essere in condizione di congelare il gioco per cristallizzarne il risultato. Potremmo chiamare questa quarta regola "regola sostanziale" poiché, quando non rispettata, il gioco perde di interesse, e l'interesse è la sostanza del gioco.

Sesta regola delle regole: i premi ottenuti devono essere proporzionati agli obiettivi intermedi raggiunti e il premio finale dev'essere ragionevolmente maggiore dei premi intermedi.
Potremmo definire questa sesta regola come "regola celebrativa". Essa è di fatto la meno importante delle regole in quanto non concerne strettamente il gioco ma lo colloca all'interno del contesto dei tanti giochi di cui si costella il firmamento della vita.

La settima regola, o "regola di conservazione", può essere riassunta con la frase: "che il gioco salvi il gioco e il giocatore". Tale regola, come la precedente, non concerne prettamente il gioco nel suo contenuto ma si premura di fare in modo che il gioco di oggi non pregiudichi il gioco di domani.
Questa regola, proiettando il gioco oltre i suoi confini, offrendo un punto di vista contemporaneamente particolare e ampio, immersivo e omnicomprensivo, come diversamente non potrebbe essere il punto di vista di chi tutto discerne e comprendere, conclude il novero delle sette regole delle regole dei giochi.

Che voi ricordiate queste regole, che siate i grado di riportarle a mente oppure che le dimentichiate o non le abbiate mai conosciute, non ha in definitiva nessuna importanza.
Come tutte le cose importanti, infatti, esse sono sempre e comunque "chiare" e ben stampate dentro di noi.
Io qui ho solo cercato, per un puro piacere personale, di portarle in "scuro", ovvero in quello spazio in cui le parole inseguono e corteggiano i concetti cercando, se gli riesce d'afferrarli, di non stargli poi né troppo larghi né troppo stretti.

Chessboard Painting with Flying Objects by Philip Lee 1974




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