E fu, in fine, che madama Satira
il momento suo prestò a signora Verità
perché potesse essa mostrarsi
un poco anche agli increduli,
in un apoteosi di caramellosa ilarità.
"Per un poco ognuno ti vedrà,"
disse a lei teneramente,
"finché, poi che t'avrà vista,
vista in vero non t'avrà,
preso ancora nelle amabil cure
di Bugia e di Falsità.
Ma che t'importa amica mia,
sul palco metti il tuo bel piede
e canta a tutti il canto tuo,
e porta il giorno sulla notte,
e la bonaccia alla tempesta
mett'in faccia pur',
e sottometti e schiaccia.
Non piangeran tra le tue braccia
quei, ma sciocchi rideranno inver,
'che crederan veder danzar
nei loro occhi i panni miei.
E sia allor ch'io con essi pur,
seppur d'un altro riso,
più amaro sì ma vero e vivo,
guardando la tua danza riderò.
E già ti vedo trepidar,
e poiché brava so che sei
come e più di quanto anch'io saprei,
volentier ti lascio il posto mio.
Quando e se s'accorgeran ch'è Verità
a calcare il piè sopra i miei palchi,
e muteranno, l'occhi lor ridenti,
goccia di fiume in acqua e sale,
forse allor chissà che vorrà Dio
ch'io torni ancora a fare,
come l'acqua dolce torna al mare,
di nuovo quello che so fare.
Intanto amica mia sul palco stacci tu
e fai di quelli che il veder
non seguono al guardare,
preciso quel che più ti pare."
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