Ogni gesto che compiamo è comunicazione.
Ogni gesto che compiamo è, probabilmente, espressione di archetipi che tramite noi prendono forma.
Alcuni gesti in particolare, e sono gesti ripetuti spesso con cadenze quasi rituali, riescono a rappresentare gli archetipi sottostanti in maniera stupefacentemente cristallina.
Il fumatore è una delle figure umane che reputo più fortemente rappresentative in tal senso.
Quando una persona impersonifica il fumatore egli offre il suo servizio di buon attore, vieppiù inconsapevole, all'archetipo dell'uomo vissuto.
Il fumo, lo si intuisce, suggerisce in maniera inequivocabile l'immagine del fuoco e, più precisamente, del fuoco che è stato e che quindi non è più.
La vita di un uomo, con il susseguirsi delle sue esperienze, è fuoco che brucia.
Quando il fuoco ha bruciato tutto quello che poteva, per un poco resta il fumo e il fumo sale, si spande e si dissolve nel cielo.
Quando l'uomo incarna il fumatore lui dice agli altri, o semplicemente racconta a se stesso, che la sua vita è stata piena delle esperienze che devono riempire una vita, che il suo fuoco ha divampato fiero e senza risparmiarsi e che ora, come ogni buon fuoco deve fare, può rendere al cielo le sue ultime e ancora calde polveri vive.
Quante volte il cinema ci ha mostrato l'immagine del fumo che seguiva l'amplesso?
Prima il fuoco dell’amor che divampa e “consuma”, e dopo la pace e il silenzio dell’uomo che fuma.
E' per questo motivo che troviamo facilmente ridicoli quegli acerbi ragazzi che si accingono, troppo presto, a rappresentare un archetipo che non può appartenergli, e proviamo invero un senso di fastidio nel vedere quello che dovrebbe essere il tempo del fuoco, così presto invece andarsene in fumo.
Ma perché l'archetipo del fumatore è considerato sacro?
L'archetipo del fumatore è rispettato e trattato come sacro perché colloca l'uomo, sia dal punto di vista di chi lo impersonifica che da quello di chi lo osserva, al di fuori del grande tempo della vita vissuta.
Il fuoco non c'è più, il grande e compresso tempo dell'esperienza è passato, quel che resta è il fumo, il piccolo e dilatato tempo della riflessione.
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immagine dal film "Pulp Fiction" (1994) - Quentin Tarantino
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