sabato 28 marzo 2020

dell'origine e della caduta dell'uomo


Dall'argilla, ovvero dalla massa, Dio, un bel giorno, fece l'uomo.
Quindi l'uomo, per volontà divina, da quel giorno fu miracolosamente elevato al di sopra dei principi meccanico-amalgamanti della massa, divenendo finalmente, almeno in potenza, Uomo.
Dal quel momento il mondo sbocciò innanzi a lui distendendosi in infiniti e profondissimi orizzonti, invitandolo a vivere e a farsi carico del grandissimo peso e dell'incommensurabile leggerezza della neonata libertà.

Ora, di tutte le infinite possibilità che la libertà disegnava innanzi a lui, la più misera e malaugurata che egli potesse abbracciare, che può benissimo essere considerata come il vero grande peccato originale attribuibile all'uomo, è la scelta di non scegliere, ovvero di voltare le spalle all'orizzonte abbandonando su quella soglia la piccola libertà di cui avrebbe dovuto prendersi cura, e piuttosto ridurre nuovamente la propria preziosissima vita a pura e semplice espressione delle caratteristiche fisico-sociologiche della massa.

Ma cosa spinge l'uomo a restare nei confini apparentemente indefinibili ma in realtà definibilissimi della massa?
Facile, la massa è accogliente e confortevole, l'uomo se ne accorse subito quando ne fu tirato fuori e si trovò esposto a tutti i gelidi e imprevedibili afflati del risveglio, e allora scivolò furtivamente dalle dita di Dio per tornarvi morbidamente dentro, e s'accorse ancor più di quanto fosse confortante il non doversi occupare di nulla, se non del rispondere a quei pochi stimoli che lo raggiungevano in maniera prevedibile e coerente, senza dubbi, senza incertezze.
La massa è grande, è forte ed efficiente, si diceva, ma...
Ma dentro di se, in qualche angolo remoto del proprio cuore, egli pur lo sapeva, sapeva che cosa la sua pigrizia e la sua viltà lo avessero spinto a fare, ma soffocava questo senso di colpa.

Fu allora che la coerenza della massa, ovvero quello che noi chiamiamo il potere, s'accorse che per governare al meglio ogni piccola particella di se stessa, doveva assolutamente soffocare questo latente senso di colpa e non trovò modo migliore che camuffarlo.
Nacque così il concetto comune di "peccato originale", di cui oggi il "debito pubblico", ad esempio, non è altro che l'ennesima versione.
Le particelle della massa provano il senso di colpa ma non riconoscono la loro vera colpa e questo accentua inevitabilmente la loro condizione schiavizzante, poiché pur di giustificare a se stesse la loro malaugurata scelta-non scelta, son disposte ad infliggersi finanche inutili e indicibili flagelli.

Ed ecco che, senso di colpa irrazionale, frustrazione, paura e percezione d'impotenza incattivirono gli uomini, li svuotarono, li amalgamarono, li resero prevedibili, controllabili, manipolabili, degradandoli a particelle indistinte di una materia uniforme, coerente e insignificante.
È così che gli uomini scomparirono e scompaiono tuttora nei meandri appiccicosi delle masse.

Naturalmente le masse incattivite, in quanto tali, non si accorgono di questo, non ne hanno coscienza poiché, infondo, esse non sono altro che lo specchio del potere, ovvero di quella cosa che le rende coerenti.
Non esisterebbe il potere, infatti, se non ci fossero le masse, dato che esse vedono e sentono solo quello che il potere dice loro, nei panni di autorità, e farebbero qualunque cosa per difendere quel potere nel quale inconsapevolmente si specchiano.
Gli uomini scompaiono nelle masse diventando piccoli come minuscoli frammenti indistinti di materia coerente ed informe.

Non hanno forma le masse se non quella volta per volta comandata da quel potere da cui sono inevitabilmente determinate.

Ora veniamo a te, poiché tu, a questo punto, probabilmente ti starai chiedendo se sei o non sei particella di una massa... Vuoi saperlo? Basta che tu ti ponga questa domanda: "Quanto vale per me la parola dell'autorità, di qualunque autorità si tratti, anche semplicemente dell'autorità di un pensiero comunemente accettato?" oppure: "Quanto la considerazione che riserbo negli argomenti in cui mi imbatto è condizionata dalla presenza dell'autorità?", oppure: "Quanto le mie opinioni sono condizionate dal plauso che sono in grado di ottenere dagli altri, e soprattutto da coloro che sono più in grazia al potere?" oppure e ancora meglio: "Quanto è importante per me aver ragione piuttosto che capire?". Quest'ultima domanda è la meglio formulata in quanto la scelta della posizione affine all'autorità è una scelta "quasi" obbligata per chi ama godere della posizione privilegiata di chi sta nel giusto.
Tradotto in parole più semplici e riduttive, tuttavia, ti potresti anche semplicemente chiedere: "Una cosa detta da un uomo in televisione nella cornice dogmatica di un telegiornale vale per me di più di una cosa detta da un uomo incontrato per strada?"
Se risponderai "no" potresti considerarti affrancato dalla massa, ammesso però che tu sia davvero onesto con te stesso.
Se risponderai "si" avrai comunque fatto un piccolo ma enorme passo verso la libertà, ovvero avrai preso coscienza della tua prigionia, e avrai quindi qualche speranza di liberarti e di provare quella sana e rigenerante vertigine che prova l'Uomo quando torna a volare alle sue altezze.


domenica 22 marzo 2020

appello agli italiani...

 ...in tempo di emergenza sanitaria


Ma la smettiamo di morderci tra noi come cani idrofobi?!
Vogliamo prendercela con qualcuno? Ma ce lo chiediamo chi ha ridotto la sanità in uno stato di perenne emergenza imponendo un regime monetario criminale a un intero paese? Forse pensiamo sia stato il nostro vicino di casa che passeggia o prende il sole nel parco?
E poi, ragioniamo, davvero vogliamo tornare alla normalità, ovvero a soccombere nell’incolmabile e moralmente ingiustificabile scalata al debito pubblico, svendendo il futuro dei nostri figli al "peggiore" offerente, mentre magari aspettiamo la prossima epidemia per rinchiuderci di nuovo in casa?
E' questa la nostra speranza?
Oggi l'UE allenta la morsa dimostrando, per una volta, che c'è qualcosa che ha un valore superiore a tutto: la "salute".
C'era bisogno di una crisi sanitaria?
C'era bisogno di morte e dolore per riaffermare questo principio?
Forse si, purtroppo, come è evidente, ma domani, superata l'emergenza sanitaria, Dio lo voglia, che faremo? Torneremo di nuovo a intonare il tristissimo canto che ci veniva imposto dai grandi maestri dell'"austerity folle e a tutti i costi"?
O forse, come la dignità di uomini e donne ci impone e come ci impone la memoria che dovremmo avere della storia di questo bellissimo paese, finalmente ci decideremo a rivendicare come beni assoluti e indeclinabili: la salute, la serenità e la felicità degli individui?
Forse qualche alto rango dei castelli del potere s'è ravveduto finalmente, forse no, ma quel che conta è: noi lo abbiamo capito a che gioco stavamo e stiamo ancora giocando?
Che un popolo non è libero se non è padrone della sua moneta come un uomo non è libero se non è padrone del suo sangue, lo abbiamo capito?
Che un popolo che non è padrone della moneta che usa è costretto a rinunciare, più o meno gradualmente, alla sua felicità, alla sua serenità e alla sua vita, lo abbiamo capito?
Che poi il popolo scelga di chiamarsi italiano, francese, greco o tedesco, o semplicemente europeo non importa, che importa? La libertà non ha mica bandiere?! Ovvero le ha solo se le vuole, e le ha per rendere il mondo più variegato e più bello, semmai.
Noi oggi gli italiani vogliamo immaginarli così, come in questo bellissimo quadro di Cesare Averardi: uniti nell’intento di ricostruire un futuro comune, fondato sui principi eterni della fede, della speranza e dell’amore.
E questa presa di coscienza sarebbe un bellissimo gesto d’amore anche verso i francesi, i greci, i tedeschi e tutti gli altri popoli.
Che il gelo della "crisi" porti un caldo raggio di sole nei cuori assopiti degli italiani.



martedì 17 marzo 2020

...i sentieri del bene e del male, oltre i confini dell'uomo.


- Dimmi amico mio, tu che vivi oltre i confini dell'uomo, tu che vedi e riempi ciò che a me appare vuoto, tu che chiara t'è ogni cosa ch'io neppure vedo, dimmi, poiché io non perda tutto, anche se poco, di quello che in cuor serbo; quale strada conduce all'alto bene, e quale invece trascina e sperde in fondo al male?

- Fratello mio sappi che, in ogni momento della mia vita, io sono di fronte ad un bivio e devo scegliere tra lo scegliere ed il non scegliere.
Se scelgo di non scegliere sono sulla strada del male, che è una grande e consumata strada, molto frequentata e apparentemente rassicurante.
Se scelgo di scegliere sono sulla strada del bene, che è il mio piccolo, dimenticato e misterioso sentiero.
Questa è l'unica sostanziale differenza che c'è tra il bene e il male, tutto il resto è effetto di questa scelta che io faccio, sempre, in quell'unico momento che è la vita.
Se scelgo di scegliere e mi dispongo quindi a cercare il mio personale e intimo sentiero io sto nascendo dal mondo, e divengo portatore e paladino del bene.
Se scelgo di non scegliere e mi abbandono alla grande strada che si dipana innanzi a me, la strada dei molti, privi di dubbi, celeri e disinvolti, io sto morendo nel mondo e così do modo di "essere" al male.

- Amico mio, tu che vivi oltre i confini dell'uomo, perché tu mi parli come se anche tu fossi prigioniero del mondo? qui, nel regno del bene e del male?

- Poiché nel bene e nel male e oltre il bene e il male, esiste solo la mia vita, frantumata in mille cocci si, ma ogni coccio è sempre la mia vita...

- Quindi anch'io che faccio domande, che vago perso fra le vie contorte del mondo in cerca di tracce, significati, indizi, piccole gocce di luce che mi aiutino a discernere, a trovare la strada...

- Anche dai tuoi occhi si, ho visto e vedo quella strada, dacché tu la cerchi essa scorre innanzi a te, sempre innanzi a te.

- Anche a me talvolta pare ma quando credo di vederla allora lei mi fugge, e mille cose che mi turban vedo io che il cuore strugge e allor mi chiedo: solo d'ombre qui si vive? e perchè tante nebbie qui s'ammassan fitte, che mai a noi pare che disverni e sbocci in cielo il sole?

- Il finto bene, ovvero il male, prevale quasi sempre nelle posizioni di potere e di dominio, ne è attratto e profondamente condizionato poiché nel potere e nel dominio egli vede ciò che manca a se stesso.
Il bene invece basta a se stesso, non ha puerili ambizioni e non vorrà mai dominare nulla o nessuno poiché egli è germe di libertà, e solo nella libertà trova se stesso.
Il male è una strada esteriore, facile, scorrevole, segnata e battuta... ma è vuota, è la strada della perdizione. Quando prendo questa strada valuto le cose del mondo in funzione del potere che le ha confezionate, e nel farlo manifesto la mia condizione di inconsapevole schiavo.
Il potere, è noto, ha solo schiavi.
Il bene è una strada interiore, difficile, tortuosa, struggente e misteriosa... ma è una strada piena, è la strada che percorro quando, sentendomi perso nei meccanismi del mondo, torno finalmente a casa.
Quando prendo questa strada valuto le cose del mondo dal mio unico e personale punto di vista senza cedere ad altri miei condizionamenti, e nel farlo manifesto la mia condizione di uomo libero che cerca e ama la propria libertà.

- Quindi il bene è il bisogno di libertà?

- Il bene è la libertà, quindi anche ricordo, ricerca ed esercizio di libertà, ed è un percorso che unisce gli uomini nel profondo del loro cuore, poiché conduce gli uomini al cuore.
Il male, per contro, che sembra avvicinare poiché amalgama in grandi gruppi, in realtà allontana profondamente poiché omologa l'uomo e lo uniforma annientandone la natura profonda, e allontanandolo dal cuore.

- Quindi il cuore dell'uomo è libertà?

- Il cuore dell'uomo è bellezza!
La libertà è il sentiero che porta alla bellezza.
Se ascolto il mio cuore lui mi dirà che la libertà è bellezza, poiché la libertà è la strada che conduce al cuore, che è principio di bellezza.
Se il mio sguardo non fosse libero, infatti, io non potrei cogliere la bellezza, come pure, evidentemente, non vedrei la bruttezza.
Questa è la ragione della bruttezza e della bellezza nel mondo.

- Vuoi dire che la bruttezza del mondo esiste perché in molti non la vedono?

- Si, o meglio, esiste perché io la vedo, accorgendomi di non vederla.
So cosa mi stai per chiedere, te lo leggo negli occhi, ma vedi, per me è come svegliarsi da un sonno, ma non essere davvero ancora svegli, essere in parte ancora prigionieri dei sogni vaghi, oscuri e seducenti della notte, e in parte già sedotti invece dall'alba chiara del giorno che incombe.
Il giorno verrà, è inevitabile, è già qui, io lo vedo, fiero e rigoglioso, e la notte adesso è nera e lo rincorre e gli s'avvinghia disperata e lo vorrebbe soffocar prima che nasca... poiché quello poi, nascendo ugualmente, brilli più che mai e di bellezza inondi l'infinito intero giungendo oltre la soglia del perduto immenso e di gioia e ancor di grazia varchi il colmo esausto del mio piccolo e stremato cuore.
Ora dimmi amico mio, dimmelo tu, che cosa vedi?

- Vedo gli uomini che nascon liberi, col fuoco della scelta che arde nel loro cuore, barattare presto questa fiamma che li avrebbe guidati nel loro misterioso e irripetibile sentiero, per la misera e grigia ma battuta e apparentemente sicura strada maestra.
E più gli esseri umani procedono lungo questa strada, più son condizionati a pensare che non potranno mai uscirne.
Piano piano diventano essi stessi quella strada e si perdono in quella vuota moltitudine.
L'Io si spegne riducendosi a cellula replicante d'un qualcosa che a lei pare tanto grande, ma che è in realtà immensamente piccola.
Così vedo l'uomo morire, macinato nell'incedere meccanico di un sistema preordinato.

- Già, ma Io, amico mio, getto i miei semi entro confini del mondo, e questo è il cuore dell'uomo: un seme gettato in un campo, una promessa dimenticata, o una testarda speranza.
"Spunta o germoglio dalla crepa del muro!
Sboccia o colore da quel grigio più scuro!
" dico Io.
Quando l'uomo s'accorge e, con coraggio, nonostante la calca, la resistenza dei molti e col rischio di venire schiacciato dagli errori del passato e dalle minacce del futuro, si ferma innanzi a quell'antico bivio e sceglie, e abbraccia se stesso riconoscendosi nel suo ritrovato sentiero, è come un raggio di sole che squarcia le nubi.
Così rinasce l'uomo, sentiero di libertà, principio di bellezza e tempio di umanità.
E così sboccia, entro confini dell'uomo e da lì oltre tutti i confini, il più bel fiore di tutto l'universo.
E sei tu, amico mio, se lo vuoi, il fior dell'universo.

William-Blake-The-Good-and-Evil-Angels