Dall'argilla, ovvero dalla massa, Dio, un bel giorno, fece l'uomo.
Quindi l'uomo, per volontà divina, da quel giorno fu miracolosamente elevato al di sopra dei principi meccanico-amalgamanti della massa, divenendo finalmente, almeno in potenza, Uomo.
Dal quel momento il mondo sbocciò innanzi a lui distendendosi in infiniti e profondissimi orizzonti, invitandolo a vivere e a farsi carico del grandissimo peso e dell'incommensurabile leggerezza della neonata libertà.
Ora, di tutte le infinite possibilità che la libertà disegnava innanzi a lui, la più misera e malaugurata che egli potesse abbracciare, che può benissimo essere considerata come il vero grande peccato originale attribuibile all'uomo, è la scelta di non scegliere, ovvero di voltare le spalle all'orizzonte abbandonando su quella soglia la piccola libertà di cui avrebbe dovuto prendersi cura, e piuttosto ridurre nuovamente la propria preziosissima vita a pura e semplice espressione delle caratteristiche fisico-sociologiche della massa.
Ma cosa spinge l'uomo a restare nei confini apparentemente indefinibili ma in realtà definibilissimi della massa?
Facile, la massa è accogliente e confortevole, l'uomo se ne accorse subito quando ne fu tirato fuori e si trovò esposto a tutti i gelidi e imprevedibili afflati del risveglio, e allora scivolò furtivamente dalle dita di Dio per tornarvi morbidamente dentro, e s'accorse ancor più di quanto fosse confortante il non doversi occupare di nulla, se non del rispondere a quei pochi stimoli che lo raggiungevano in maniera prevedibile e coerente, senza dubbi, senza incertezze.
La massa è grande, è forte ed efficiente, si diceva, ma...
Ma dentro di se, in qualche angolo remoto del proprio cuore, egli pur lo sapeva, sapeva che cosa la sua pigrizia e la sua viltà lo avessero spinto a fare, ma soffocava questo senso di colpa.
Fu allora che la coerenza della massa, ovvero quello che noi chiamiamo il potere, s'accorse che per governare al meglio ogni piccola particella di se stessa, doveva assolutamente soffocare questo latente senso di colpa e non trovò modo migliore che camuffarlo.
Nacque così il concetto comune di "peccato originale", di cui oggi il "debito pubblico", ad esempio, non è altro che l'ennesima versione.
Le particelle della massa provano il senso di colpa ma non riconoscono la loro vera colpa e questo accentua inevitabilmente la loro condizione schiavizzante, poiché pur di giustificare a se stesse la loro malaugurata scelta-non scelta, son disposte ad infliggersi finanche inutili e indicibili flagelli.
Ed ecco che, senso di colpa irrazionale, frustrazione, paura e percezione d'impotenza incattivirono gli uomini, li svuotarono, li amalgamarono, li resero prevedibili, controllabili, manipolabili, degradandoli a particelle indistinte di una materia uniforme, coerente e insignificante.
È così che gli uomini scomparirono e scompaiono tuttora nei meandri appiccicosi delle masse.
Naturalmente le masse incattivite, in quanto tali, non si accorgono di questo, non ne hanno coscienza poiché, infondo, esse non sono altro che lo specchio del potere, ovvero di quella cosa che le rende coerenti.
Non esisterebbe il potere, infatti, se non ci fossero le masse, dato che esse vedono e sentono solo quello che il potere dice loro, nei panni di autorità, e farebbero qualunque cosa per difendere quel potere nel quale inconsapevolmente si specchiano.
Gli uomini scompaiono nelle masse diventando piccoli come minuscoli frammenti indistinti di materia coerente ed informe.
Non hanno forma le masse se non quella volta per volta comandata da quel potere da cui sono inevitabilmente determinate.
Ora veniamo a te, poiché tu, a questo punto, probabilmente ti starai chiedendo se sei o non sei particella di una massa... Vuoi saperlo? Basta che tu ti ponga questa domanda: "Quanto vale per me la parola dell'autorità, di qualunque autorità si tratti, anche semplicemente dell'autorità di un pensiero comunemente accettato?" oppure: "Quanto la considerazione che riserbo negli argomenti in cui mi imbatto è condizionata dalla presenza dell'autorità?", oppure: "Quanto le mie opinioni sono condizionate dal plauso che sono in grado di ottenere dagli altri, e soprattutto da coloro che sono più in grazia al potere?" oppure e ancora meglio: "Quanto è importante per me aver ragione piuttosto che capire?". Quest'ultima domanda è la meglio formulata in quanto la scelta della posizione affine all'autorità è una scelta "quasi" obbligata per chi ama godere della posizione privilegiata di chi sta nel giusto.
Tradotto in parole più semplici e riduttive, tuttavia, ti potresti anche semplicemente chiedere: "Una cosa detta da un uomo in televisione nella cornice dogmatica di un telegiornale vale per me di più di una cosa detta da un uomo incontrato per strada?"
Se risponderai "no" potresti considerarti affrancato dalla massa, ammesso però che tu sia davvero onesto con te stesso.
Se risponderai "si" avrai comunque fatto un piccolo ma enorme passo verso la libertà, ovvero avrai preso coscienza della tua prigionia, e avrai quindi qualche speranza di liberarti e di provare quella sana e rigenerante vertigine che prova l'Uomo quando torna a volare alle sue altezze.
Quindi l'uomo, per volontà divina, da quel giorno fu miracolosamente elevato al di sopra dei principi meccanico-amalgamanti della massa, divenendo finalmente, almeno in potenza, Uomo.
Dal quel momento il mondo sbocciò innanzi a lui distendendosi in infiniti e profondissimi orizzonti, invitandolo a vivere e a farsi carico del grandissimo peso e dell'incommensurabile leggerezza della neonata libertà.
Ora, di tutte le infinite possibilità che la libertà disegnava innanzi a lui, la più misera e malaugurata che egli potesse abbracciare, che può benissimo essere considerata come il vero grande peccato originale attribuibile all'uomo, è la scelta di non scegliere, ovvero di voltare le spalle all'orizzonte abbandonando su quella soglia la piccola libertà di cui avrebbe dovuto prendersi cura, e piuttosto ridurre nuovamente la propria preziosissima vita a pura e semplice espressione delle caratteristiche fisico-sociologiche della massa.
Ma cosa spinge l'uomo a restare nei confini apparentemente indefinibili ma in realtà definibilissimi della massa?
Facile, la massa è accogliente e confortevole, l'uomo se ne accorse subito quando ne fu tirato fuori e si trovò esposto a tutti i gelidi e imprevedibili afflati del risveglio, e allora scivolò furtivamente dalle dita di Dio per tornarvi morbidamente dentro, e s'accorse ancor più di quanto fosse confortante il non doversi occupare di nulla, se non del rispondere a quei pochi stimoli che lo raggiungevano in maniera prevedibile e coerente, senza dubbi, senza incertezze.
La massa è grande, è forte ed efficiente, si diceva, ma...
Ma dentro di se, in qualche angolo remoto del proprio cuore, egli pur lo sapeva, sapeva che cosa la sua pigrizia e la sua viltà lo avessero spinto a fare, ma soffocava questo senso di colpa.
Fu allora che la coerenza della massa, ovvero quello che noi chiamiamo il potere, s'accorse che per governare al meglio ogni piccola particella di se stessa, doveva assolutamente soffocare questo latente senso di colpa e non trovò modo migliore che camuffarlo.
Nacque così il concetto comune di "peccato originale", di cui oggi il "debito pubblico", ad esempio, non è altro che l'ennesima versione.
Le particelle della massa provano il senso di colpa ma non riconoscono la loro vera colpa e questo accentua inevitabilmente la loro condizione schiavizzante, poiché pur di giustificare a se stesse la loro malaugurata scelta-non scelta, son disposte ad infliggersi finanche inutili e indicibili flagelli.
Ed ecco che, senso di colpa irrazionale, frustrazione, paura e percezione d'impotenza incattivirono gli uomini, li svuotarono, li amalgamarono, li resero prevedibili, controllabili, manipolabili, degradandoli a particelle indistinte di una materia uniforme, coerente e insignificante.
È così che gli uomini scomparirono e scompaiono tuttora nei meandri appiccicosi delle masse.
Naturalmente le masse incattivite, in quanto tali, non si accorgono di questo, non ne hanno coscienza poiché, infondo, esse non sono altro che lo specchio del potere, ovvero di quella cosa che le rende coerenti.
Non esisterebbe il potere, infatti, se non ci fossero le masse, dato che esse vedono e sentono solo quello che il potere dice loro, nei panni di autorità, e farebbero qualunque cosa per difendere quel potere nel quale inconsapevolmente si specchiano.
Gli uomini scompaiono nelle masse diventando piccoli come minuscoli frammenti indistinti di materia coerente ed informe.
Non hanno forma le masse se non quella volta per volta comandata da quel potere da cui sono inevitabilmente determinate.
Ora veniamo a te, poiché tu, a questo punto, probabilmente ti starai chiedendo se sei o non sei particella di una massa... Vuoi saperlo? Basta che tu ti ponga questa domanda: "Quanto vale per me la parola dell'autorità, di qualunque autorità si tratti, anche semplicemente dell'autorità di un pensiero comunemente accettato?" oppure: "Quanto la considerazione che riserbo negli argomenti in cui mi imbatto è condizionata dalla presenza dell'autorità?", oppure: "Quanto le mie opinioni sono condizionate dal plauso che sono in grado di ottenere dagli altri, e soprattutto da coloro che sono più in grazia al potere?" oppure e ancora meglio: "Quanto è importante per me aver ragione piuttosto che capire?". Quest'ultima domanda è la meglio formulata in quanto la scelta della posizione affine all'autorità è una scelta "quasi" obbligata per chi ama godere della posizione privilegiata di chi sta nel giusto.
Tradotto in parole più semplici e riduttive, tuttavia, ti potresti anche semplicemente chiedere: "Una cosa detta da un uomo in televisione nella cornice dogmatica di un telegiornale vale per me di più di una cosa detta da un uomo incontrato per strada?"
Se risponderai "no" potresti considerarti affrancato dalla massa, ammesso però che tu sia davvero onesto con te stesso.
Se risponderai "si" avrai comunque fatto un piccolo ma enorme passo verso la libertà, ovvero avrai preso coscienza della tua prigionia, e avrai quindi qualche speranza di liberarti e di provare quella sana e rigenerante vertigine che prova l'Uomo quando torna a volare alle sue altezze.