sabato 29 dicembre 2018

ode alla Verità


La Verità non si cura degli imperi,
dei grandi nomi ne' delle autorità,
essa è libera, schiava di nessuno,
compagna generosa di chiunque,
senza presunzione mai d'averla,
accanto a sé l'accoglierà.

A qualcuno può sembrar lasciva,
donna vacua e impenitente,
a me pare tanto dolce
quanto più è franca e più sfuggente;
e più è lontana, più mi par
che mi s'accosti e m'appartenga
quel suo fuggir da ogni prigione
che pigramente la trattenga.

Fuggi cara mia dove nessun ti vede,
oltre i pensieri chiusi
che voglion tesserti una rete,
e lascia pure ch'io ti cerchi
e ti corteggi invano,
e quando al fine io ti trovassi
tu fuggi allora più lontano.

Ch'io vaghi senza meta lascia,
che nel cercar sempre mi perda,
e fra speranza e scoramento
fa' che io vada e venga
e poi fuggendo torni ancora,
come ritorna il giorno sempre
a rimirare la sua dolce aurora.

Alta nel cielo orora impenna
fin sulla stella più vicina
a cui neppure il più curioso
tra gli occhi accesi s'avvicina.
E non sentirti sola e abbandonata
se, più che amar senza promessa,
quei tanti indoran riverenti
la pia e domestica "certezza",
son sguardi bassi sulla terra quelli,
persi alla via della bellezza.

E tu sei bella più che mai,
quando furtiva tra i pensieri,
senza turbarti il cuore, te ne vai,
di chi s'illude già d'averti,
di chi t'ha avuta e chi t'ha persa
o chi per certo poi t'avrà...
Come una gazza in cerca d'oro
prendi il tuo dono allora e fuggi,
per far più bella libertà.

Brilla di luce ancor ti dico,
e mentre brilli sii fugace,
come il baglior d'una cadente stella
che l'occhio appena scorge,
mentre la bocca aperta tace.

Lascia che affrontino i tuoi amanti
i sentieri incerti del mistero,
col cuor sguarnito alla sconfitta
ma sempre vivo e sempre vero.

Ed io con quelli voglio star, ti dico,
che di lontano t'accarezzan
di tra le nubi rimirando attenti,
mentre tu, ascosta tra i ginepri,
il lesto vol’ spiccando li sorprendi;
quei che ti perdono esultando
quando si scioglie e grida il cuore,
mentre la mano stringe forte l'arco
d'uno sconfitto cacciatore.

Finché tramonta il giorno
e il cielo infiamma rabbuiando il sole,
anche t'amassi oltre i confini,
fin sulle tiepide sorgenti
da cui germoglia mite il fiume Pianto,
tu pur di me non ti curare,
e lascia ch'io scorra dolce
o che m'ingrossi e in mille flutti
pur m'avvolga e gridi rivoltando il cielo...
sia per te solo il dolce canto questo
di chi più è libero, più è vero.

Sol quando il ciel s'acquieta
e l'uno ai molti cede, Re,
che d'infiniti giorni ognun frammento
insiem s'assisan quieti
sulle preziose vie del firmamento,
sol quando affonda il giorno
ed io con esso e il mondo tutto
e tutto mestamente scema,
tu sosta allora un po' al mio fianco
e sui miei sogni veglia
che sempre t'assecondan,
che di vederti mai
ne' mai d'averti si figuran,
poiché del tuo fresco respiro
e del tuo dolce rimirar, solo si giovan.

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