d'un mar senza dove
e con gli occhi ormai stanchi
scrutavo l'immenso
e indicibil compenso
d'un lungo e lezioso cercare.
Scrutar non ha senso, pensavo,
non v'è altro che mare.
Ma un'onda più grande
a quel dir mi sospinse,
e senz'ombra al mio fianco, né stelle
ch'orlasser dell'orsa il bel manto,
più in alto e più a fondo
il mio cuore costrinse,
e negli occhi miei inquieti,
di buio su buio il velo dipinse.
Fu allor che, votando
il mio sguardo all'abisso,
urlanti e scroscianti
m'apparver quei flutti
che immobili e quieti
parevano un tempo,
squassati e feriti or'
dagli artigli del vento.
E poi vidi la Terra
e la vidi com'era:
sferzata da mille tormenti,
ghermita nel ventre e nel cuore
e per odio e paura costrinta
e tristezza e rancore.
La vidi un istante
di profondo terrore.
Culla d'uomin mai nati,
di schiavi regnanti e perfetti soldati,
proni sempre al comando,
sempre al premio orientati,
come docili ciuchi,
cagnolini ammaestrati.
Il mio cuor fu di ghiaccio,
c'eravamo già stati!
Ti ricordi, Cuor mi disse,
sulla schiena del drago?
le sue docili fiamme e i silenzi
e i suoi occhi mansueti e pazienti?
Dove il mondo è profondo,
sotto il gelo del tempo,
ti ricordi? lo vedi?
come ardeva d'immenso?
Arde sempre d'immenso,
fra quei ghiacci che stringon,
che attanaglian la Terra...
la vedesti, ricordi?
poi fuggisti e a quel mar senza nome
rivolgesti il tuo petto.
Lo ricordi? lo vedi?
Quel tuo viaggio perfetto?
Navigavi sull'onde
d'un mar senza dove
e con gli occhi sperduti
scrutavi l'immenso
e indicibil compenso
d'un lungo e lezioso cercare.
Scrutar non ha senso, pensavi,
non v'è altro che...
E in quel mar ti perdesti
come tutti i sognanti vascelli.
Ma alla Terra poi invece tornasti
e ai suoi mille tormenti
che l'avvolgon e stringon giubilando:
"Lei muore!", quali spine ritorte
sulle grazie d'un fiore.
Non cercarvi null'altro, mio amico,
che parol' del tuo Cuore.
Il Drago Vecchio - Guido Clericetti

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